Ludwig von Pastor, Acta inedita historiam pontificum Romanorum praesertim saec. XV, XVI, XVII illustrantia. Ungedruckte Akten zur Geschichte der Päpste Erster Band: 1376-1464 (Freiburg im Breisgau 1904). pp. 72-75, no. 56:
Illustr(issi)me princeps et excellent(issi)me domine noster singul(arissi)me.
Essendo io Giohaanne Caymo gionto qua iovedi sera, che fu a XX de questo [Thursday, July 20], fussemo poy ambyduy il di seguente al vespero con la Santità de Nostro Signore, la qual legendoli la instructione secondo Vostra Excellentia havea commisso, come incominciò ad intendere la voluntà de Vostra Excellentia, più volte ce interumpe, et intendando le rasone, quale alegava Vostra Excellentia, disse: nuy se [ce] maravigliamo molto de quello signore, che ce aleghi queste rasone a nuy, quasi come non intendessemo le conditione del regno et de Don Ferrando; et quando legendo la instructione dicevemo, che haveva lasato la Maestà del re molti denari e tesoro, Sua Santità disse che non haveva lassati LXV mila ducati, et quando dicevemo, che Vilamarino haveva giurato in mano de Bartolomeo da Rechanati de mantenere l'imprersa a nome de Don Ferrando et così in mano de Vilamarino haveveno giurati li patroni de le galee et de le nave, et come io Giohanne li era stato presente, et dissoli in quanta extremità era quella cità de Genoa, Sua Santità monstro de non crederlo dicendo che l'armata era disoluta, et che non erano così sciochi Catalani, quali su l'armata volesseno stare a fare guerra con Francesi nè con Genoesi senza licentia de quello che serà re d'Aragona, poy auditis omnibus, que in instructione continentur, et fattali la scusa se Vostra Excellentia parlava con questa sincerità e realità, et Sua Santità rispose in questo modo:
facendo li presupositi falsi, le conclusione sonno false; la Serenita del signore presupone, che nuy vogliamo fare guerra, il che non è vero, per tanto è falsa ogni sua conclusione, et se havessemo voluta guerra haveressemo tolto il conte Iacobo [Piccinino], il qual havemo possuto havere molte volte, ma non volemo quello regno se desfacci, ma non bisogna che a nuy ce dica queste cosse, perchè tanto tempo havemo governato quello regno che conoscemo meglio le conditione de quello che persona che viva, item cognoscemo Don Ferrando un bastardello, de chi non sapemo chi fusse il padre, un puerulo chi è uno niente, ello se è chiamato re, et scrivessi re senza licentia o autorità nostra. lo regno spetta a la chiesia et è patrimonio de santo Pietro. Io padre may non volse chiamarsi re, se prima non hebbe il consentimento del papa, et noy che alora eravamo de suo consiglio sempre lo confortamo a così fare et ad ingegnarsi de havere il titulo da quello a chi spettava darglilo, perchè senza esso non se può havere felice successo. vuy signori Lombardi, da li quali hanno havuto origine et apresso de quali è più in uso li feudi che altrove, sapete bene, che non lo pò nè deve fare de rasone, perchè dato che fusse legitimo successore del re, doveria prima havere la confirma da nuy, che usurparsi tal titulo; ello ce ha scritto a nuy et al colegio de cardinali intitulandosi re. preterea ce tene Terracina et Benevento e altre terre, le quale sono della chiesa, et quando ancora fusse legittimo successore deveno però essere restituite a la chiesa; per tanto molti ce persuadeveno dovessemo procedere più asperamente contra de luy et declararlo privato d' ogni rasone, quale potesse pretendere in ditto regno ecc. nuy non l' havemo voluto fare, ma havemo pro defensione iurium ecclesie fatta quella nostra bolla iusta et santa, qual non solamente fra li homeni ma in paradiso potria stare, tanto è iustificata, et qui reservemo a luy et ad ogni persona, che la pretenda interesse, che possa usare le sue rasone promettando de fare a ciaschaduno il dovere, et se quello illmo signore, al quale havemo havuto et havemo tanto amore e dilectione, per lo qual metteremo lo stato et la persona, in lo qual havemo posta ogni nostra speranza, ce lassa fare a nostro modo vinceremo insieme con luy et exaltaremo Sua Excellentia secondo che sempre havemo desiderato, et non se deve fare fundamento d'uno putto chi e niente, che niuno se nè fa estima; intendemo che piange quando ha inteso il tenore de la bolla; et li regnicoli, non volendo stare scomunicati, hano deliberato de ordinare ambasciatori a nuy ad darne notitia, che non voleno stare in queste censure, anzi voleno stare a l'obedientia de santa chiesia. pur quando Don Ferrando voglia lassare il titulo usurpato del re et ricorere con humilità a la gratia nostra lo haremo ricomandato et ricoglieremo et tractaremo come proprio nepote.
atacandosi noy a questa ultima risposta, dissemo che Sua Santità clementissimamente concludeva, et che la intentione de Don Ferrando era, secondo intendevamo, de procedere verso Sua Santità con ogni reverentia e humilità, et così Vostra Excellentia li confortava e contortaria sempre et che questa via de la clementia era la più honesta et secura, ma che li potesse essere per molte turbatione, quale potevano seguire tenendosi altra via, et se bene havesse errato Don Ferrando in chiamarsi re forse per havere più favorevole principio de obedientia da li regnicoli, quali a tal nome sonno più timidi, perchè non havesseno casone de fare altra novità, et e' gli parsi de assecurarsi prima con quelli, dove era manco fermeza et più periculo, con speranza, havendo il regno pacifico, de conciare più le cose sue con Vostra Santità, a la qual hebbe sempre animo d' essere obediente e reverente. non è questo errore così atroce quanto se per malignità o contempto h' havesse fatto, et era più degno de gratia et de clementia, la qual laudavemo assay a Sua Beatitudine ricordandoli molte de le rasone poste in l' instructione et offerendo Vostra Excellentia ad interponersi a questa compositione, pregando Sua Santità se ricordasse de la fede et devotione, haveva sempre havuta Vostra Excellentia verso di quello et che quello se diceva con sincera fede et con vere rasone senza passione alcuna ecc. disse Sua Santità che parlando molto se perdeva, et tacendo se guadagnava. tandem Sua Beatitudine disse, che la dominica seguente la sera, che fù heri, tornassemo da se, che ce direbbe altre cose.
Tornandoli adonche heri la prima cosa che ce dimando fù, che haveva caro li dessemo copia de la instructione, a la qual cosa rispossemo, che hon havemo già comandamento de così fare, nè havremo ardire a nobis ipsis de farlo, et che se la Santità Sua ce ho comandava per comandamento lo faremo, perchè se confidamo tanto in la bonta de Sua Santità, che non ce comandaria se non quanto honesto fusse, alora disse, che non ce lo voleva già comandare ma che se maravigliava, che Vostra Excellentia diceva in l'instructione che quello reame era usato d' essere de re et non de la chiesa, a la qual cosa rispossemo che Sua Santità non haveva ben inteso, et che Vostra Excellentia in niuna parte de l' instructione sua diceva questo come li potriamo monstrare quando tornassemo da quella, perchè non havevemo ditta instructione alora con noy, ma che ben diceva Vostra Excellentia, che ditto regno era usato governarsi per re et che erano quelli del regno usati a tal governo et a le corte de li re et parebeli strano essere governati altramente, etc.
Disse poy Sua Santità:
non è digno de gratia chi non cognosce la gratia; noy havemo amato e amemo più il duca de Milano che signore che viva al mondo. volevamo la sua exaltatione, se non l' accetta è suo defetto. vole esso, che ad uno puerlo, qual non sapiamo che se sia, lassiamo usurpare il patrimonio de Santo Petro; se ce lassa fare nuy conciaremo queste cose in modo, che ogniuno serà satisfatto, et metteremo pace et in Francia et in Casteglia et in Aragonia et in ogni parte, et chi vole il bene et amplitudine del duca de Milano, deve cerchare de assecurarlo da ultramontani. queste parole ce parse le dicesse più per darce da pensare, che perchè sia suo designo de intendersi con Francesi perchè intende bene lo instrumento de Francesi essere debile a questa impresa.
et respondendoli noy, che Vostra Excellentia non rifiutava la gratia de Sua Santità, anci molto la extimava, ma come bon figliolo e servitore deve fare sinceramente et con realità diceva il suo parere con evidentissime rasone, come Sua Santità haveva possuto intendere, et che inter cetera non vedevamo, come nè Sua Santità nè Vostra Excellentia potesse convenire a li capotoli de la liga, in li quali era compreso esso Don Ferrando, etc.
Sua Santità rispose, che ditti capitoli erano contra de luy, perchè esso era quello chi offendeva la chiesa in torli de facto il patrimonio de santo Pietro, et che in li capitoli non se concedeva, che lo regno fosse de Don Ferrando, ma che li dovea bastare se si chiamava, duca de Calabria et dovevassi contentare de quello titulo come faceva quello chi era figliolo del re Renato, il qual era da più de luy, donec havesse de la sede apostolica havuto altro titulo, che essendoli venuto come doveva, haveria havuta gratia assay da Sua Santità, ma usurpando il regno propria auctoritate, Vostra Excellentia doveva ricordarli, che contrafaceva a la liga, et invadere ipsum de tale parole de la liga, et non invadere Sua Santità de queste parole de li capitoli de la liga, perchè se essa cercha la defensione non contrafà a la liga.
risposemo, che nuy no eramo quelli che volessemo difinire questa questione, qual di loro fusse offeso, ma che li capitoli videbantur comprehendere il prefato Don Ferrando come successore del re, et non spectava a Vostra Excellentia de primo interpretare aliter, ma che Sua Santità dovea fare chiara questa cosa convocatis principalibus de liga, et che Vostra Excellentia non seria contra a la sede apostolica, de la qual era devotissimo, nè seria retrogrado a fare quello che per li capitoli de la liga fusse obligato.
alora disse Sua Santità: hegli è una parola in ditti capitoli, qual lo spiritu santo insignò al cardinal quando li fece, per la qual se salva le rasone de la chiesa, ma questo se dirà quando serà bisogno; questa è quella parola de la qual, già più di fa, scrissi io Otto, che Sua Santità ponderava, lo qual è in l' ultimo capitolo de la liga, dove conferma lo legato apostolico li capitoli quamtum cum deo poterit, et questa è la picola fenestrella per unde vole uscire, la qual dubito sia troppo stretta. poy disse:
se lo ill(ustrissi)mo signore duca, lo qual nuy amemo tanto, fusse cognoscente quanto devesse essere, non faria questa deomnstratione de mandare a visitare questo Don Ferrando, ma haria prima mandato da nuy a sapere se ce pareva lo dovesse fare, perchè in verità questo c' è grande disfavore et a luy serà favore assay, ma questi principi temporali li pare essere così gran maestri che non extimeno il papa et parelli sia niente, e gli è pur asay.
risposemo, che Sua Santità non doveva da uno suo fidele e bono figliolo et servitore, de la cui devotione haveva vedute tante experientie, pigliare le cose a roverso, ma doveva considerare quello che e il vero, ciò è, che fra Vostra Excellentia et il prefato Don Ferrando era affinita, de la qual in vita de la Maestà del re s' è era fatta sempre bona mentione e monstrate careze, et che adesso, cum primum quello signore re fusse morto, Vostra Excellentia retrahisse la mano et non mandasse a visitare il figliolo et mantenire amistanza con luy, seria signo de animo maligno et reo, quale havesse in vita del re per paura di simulata amicitia dove non fusse, et questo non seria nè convenevole nè honesto, ma che Sua Santità se rendesse certa, che qualunque per parte de Vostra Excellentia andasse dal prefato Don Ferrando, sempre lo confortaria a la reverentia et obedientia de Sua Beatitudine et li faria intendere quello che etiam sempre Vostra Excellentia fece intendere al padre, ciò è, che sua amicitia non era contro de Sua Santità nè de santa chiesa, et per tanto non prendesse essa per male questa visitatione, la qual ex debito honestatis se faceva et ad bonum non ad malum. Sua Santità pur non accettava la scusa, et voleva ch' io Giohanne non andasse o mandasse a Vostra Excellentia, se li pareva dovesse andare essendo in displicentia de Sua Santità; tandem rispondendoli noy che già era avisato Don Ferrando de la mia venuta et havea scritto a Vostra Excellentia con tanta humanità de mantenire l' amistanza, che non potria senza molto scandalo ritardare, et mostrandoli de questa andata seguire più bene che male, disse, fecesse come nè pareva, et che le chiave de santo Petro se defendere beno da ogniuno, et che non temeveno conventione nè altre pratiche. al che risposemo che non se andava per fare altre conventione nè patti che quelli che fussero fatti già più anni fà, et de questo se rendesse certa Sua Beatitudine, ma solo se andava per li respetti preditti et che Sua Santità dovea ricordarsi, che in li capitoli de la liga fra li altri ce n' era uno, che niuno potesse fare intelligentie nè conventione con alcuna persona nisi salvis capitulis lige etc. per tanto se rendesse certa Sua Beatitudine che Vostra Excellentia observeria li capitoli così in questa cosa come havea sempre fatto in le altre, nè con Don Ferrando nè con altri vegneria ad intelligentia alcuna, per la qual se violasse questa liga e pace de Italia, de la qual Vostra Excellentia spora tutti li altri (pace aliorum sit dictum) era diligentissimo observatore. parse remanesse Sua Santità asay satisfatta quanto a la rasone. pur ancora dimando copia de l'instructione; fu li risposto ut supra, et così gratiosamente se scusamo. ce disse ancora voleva che Vostra Excellentia intendesse questo, et per niuno motivo se inganasse credendo aliter, che l'armata non staria contra Genoa a posta de Don Ferrando, etiam quando Vilamarino volesse; perche quantunque ad esso in vita de la Maestà del re fusse portato obedientia, cum al presente non serà così et che in quella armata ce era notabilissimi cavaleri et altre degne persone, quale erano da più de luy del qual diceva non era da fare molta stima, perchè era homo de picola conditione et da extimare quanto un suo minimo cubiculario et che senza comandamento de quello chi serà re d' Aragona non pigliareveno guerra. item che li Catalani avanti che accetteno lo re fra le altre cose vorano questo de non havere questi impazi contra nè Francesi nè Genoesi, et che non creda aliter Vostra Excellentia, ma che sapeva consigliare a fuorusciti se acordasseno con questi Francesi, poy che ogni modo li mancava il subsidio de Catalani. p0oy ce disse come haveva fatto dare denari a la sua gente d' arme, et voleva che lo capitano andasse in campagna non per fare offesa alcuna, ma per stare in terre de la chiesa, come era d' usanza. non sapemo se lo mandara, pur, se lo fa, credemo non paizera guerra, perchè in verità non sono gente troppo atta questa et intendemo non sono più che cavalli vij cento et fanti trecento, ma perchè alcuni hanno datto ad intendere a Sua Santità, che quelli populi sono commosti per questa bolla, forse li mandera per dare più animo a chi volesse fare novità alcuna. se recomandiamo humiliter a Vostra Excellentia.
Rome die XXIIII julii 1458.
E. Vostrae Excellentiae fidelissimi servitori Otto de Carreto et Iohannes de Caymis.
Calixtus accuses King Ferrante of being a bastard: "cognoscemo Don Ferrando un bastardello, de chi non sapemo chi fusse il padre." That much was agreed upon, and both Pope Eugenius IV and Pope Nicholas V had granted dispensations so that he could inherit the Neapolitan throne. But Calixtus also accuses King Ferrante of not being the son of King Alfonso. The pope is delusional. King Alfonso had betrothed Ferrante's son to Francesco Sforza's daughter in 1455, an act which could not have taken place if there was any belief that Ferrante was not related by blood to King Alfonso.
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